CONCORSI PUBBLICI – I requisiti di età per la partecipazione

CONCORSI PUBBLICI – I requisiti di età per la partecipazione

Il limite massimo di età per la partecipazione ai concorsi pubblici, stabilito originariamente, in via generale, quale garanzia di adeguata efficienza nel servizio, in 32 anni dal Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato , e successivamente elevato a 40 anni , salvi i diversi limiti previsti dagli ordinamenti particolari , è stato abolito dall’art. 3, comma 6, legge 15 maggio 1997, n. 127, il quale testualmente stabilisce che «la partecipazione ai concorsi indetti da pubbliche amministrazioni non è soggetta a limiti di età, salvo deroghe dettate da regolamenti delle singole amministrazioni connesse alla natura del servizio o ad oggettive necessità dell’am­ministrazione».

L’innovativo principio della liberalizzazione del limite di età per la partecipazione ai concorsi pubblici, introdotto dal legislatore insieme al principio della preferenza a parità di merito per il candidato più giovane d’età , risponde ad una duplice motivazione. Per un verso, esso si può ricondurre all’esigenza  di «introdurre elementi di maggiore flessibilità nel mercato del lavoro», ed in particolare in quello pubblico, dove l’età d’ingresso nel mondo del lavoro si era progressivamente elevata e il periodo della formazione era stato esteso con l’introduzione di percorsi postuniversitari, onde il limite di età, «prima stabilito in favore dell’amministrazione, rischiava di divenire penalizzante per l’am­ministrazione stessa, posta nell’impossibilità di reclutare, specie a livello di carriera direttiva e ai livelli iniziali della carriera dirigenziale, spesso proprio le persone con esperienze formative o lavorative di più alto livello»

La giurisprudenza amministrativa è stata in più occasioni chiamata a valutare se la previsione di un limite di età possa essere considerata ragionevole. In particolare, con riferimento all’introduzione del limite massimo di età di 37 anni per l’accesso al concorso di vigile del fuoco, previsto dalla legge n. 246/2000, ha affermato che la fissazione di specifici ed insuperabili limiti di età per l’accesso agli impieghi alle dipendenze della pubblica amministrazione «giammai può ritenersi irragionevole allorquando la determinazione del limite suddetto risponda, come nel caso in esame, a criteri di evidente correlazione tra la probabilità statistica di una duratura conservazione dei requisiti psico-fisici necessari allo svolgimento dell’attività (in specie, particolarmente usurante) relativa al posto messo a concorso e le capacità normalmente possedute dall’essere umano in corrispondenza del raggiungimento dell’età massima prevista» . Il principio è stato ribadito a proposito dei vigili del fuoco volontari, affermando che «la questione dei limiti di età per l’accesso ai ruoli della p.a. (in via generale esclusi dalla l. 15 maggio 1997, n. 127) non esclude discipline derogatorie, frutto di bilanciamento tra l’interesse, sia pubblico che privato, all’incentivazione dell’occupazione e gli interessi pubblici sottostanti a determinate categorie di impiego, per le quali si ritiene necessaria una professionalità, da maturare in un periodo non avanzato della vita lavorativa. La peculiare posizione dei vigili del fuoco volontari – che debbono ritenersi in possesso, in effetti, di una specifica professionalità e di requisiti psico-fisici adeguati, per l’impiego nel delicato settore operativo di cui trattasi – giustifica la previsione con apposita lex specialis (l’art. 12, comma 2, l. 10 agosto 2000, n. 246) del requisito dell’età anagrafica “sino a 37 anni”»

l limite massimo di età per il reclutamento dei commissari della Polizia di Stato al vaglio della Corte di giustizia

Con l’abolizione dei requisiti di età massima per l’accesso agli impieghi presso le pubbliche amministrazioni, il legislatore italiano anticipa la normativa comunitaria, prevista dalla direttiva del Consiglio 2000/78/CE, che, nello stabilire un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, applicabile «a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato», introduce tra i fattori di discriminazione vietati, sulla scorta dell’art. 13 TCE e dell’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea , anche il fattore età , che presenta caratteristiche peculiari rispetto agli altri fattori di rischio , tanto da essere definito, per un verso, «criterio fluido», per alcuni aspetti «sfuggente» , per la difficoltà di definire preliminarmente le classi di età che si assumono colpite dalla discriminazione , e per l’altro, come «Cenerentola» tra i fattori di discriminazione , in relazione al fatto che il regime applicato alle discriminazioni per età è meno rigoroso rispetto a quello degli altri motivi di discriminazione, pur essendo la struttura della discriminazione dal punto di vista tecnico-giuridico identica . Come è noto, il d.lgs. 9 luglio 2003, n. 216, modif. dalla legge 6 giugno 2008, n. 101, recepisce la normativa comunitaria, introducendo per la prima volta nel nostro ordinamento il divieto di discriminazione fondata sull’età . In proposito, di recente la quarta sezione del Consiglio di Stato, con un’or­dinanza che non ha precedenti nel diritto interno , ha rimesso in via pregiudiziale alla Corte di giustizia UE un quesito relativo alla compatibilità con il divieto di discriminazioni basate sull’età della normativa nazionale nonché delle fonti secondarie adottate dal Ministero dell’Interno che fissano a 30 anni il limite massimo di età per la partecipazione al concorso per il conferimento di posti di commissario della Polizia di Stato .

2023-12-10T21:49:09+01:00
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