Mobilità Personale sanitario – Ricorso unico referente del parente ed affine disabile sino al terzo grado (ex legge 104/1992 art 3 comma 3)

Mobilità Personale sanitario – Ricorso unico referente del parente ed affine disabile sino al terzo grado (ex legge 104/1992 art 3 comma 3)

La Corte d’Appello di Roma , con la sentenza n. 1984/2021 pubbl. il 17/05/2021 , in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di primo grado, condannava la Pubblica amministrazione  a riconoscere al lavoratore , difeso dalla studio legale Sposito,  l’applicazione del diritto di precedenza della L. n. 194 del 1992, ex art. 33, comma 5, in riferimento al trasferimento interprovinciale della stessa.

Il caregiver familiare o assistente familiare è colui che gratuitamente ed essendo legato da vincoli affettivi aiuta un proprio congiunto non più autosufficiente a causa dell’età avanzata oppure di patologie croniche invalidanti.

Si tratta di un’assistenza a tempo pieno o parziale, ma che tende a soddisfare tutte le necessità attinenti alla cura della persona.

Si va, quindi, da attività espletate per sopperire ai bisogni di tipo fisico, come per esempio la pulizia della casa, alla somministrazione dei pasti e di farmaci, od attività di tipo amministrativo, come per esempio l’esercizio di diritti connessi alla riscossione della pensione di anzianità, di eventuali canoni di locazione, od altre attività che consistono in un supporto di tipo emotivo al fine di stimolare l’assistito a rendersi attivo nel corso della giornata.

Sulla materia è intervenuta la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con una recentissima ordinanza, la n. 6150/2019, con la quale è stato previsto che il lavoratore che assiste una persona disabile, ai sensi della L. n. 104/1992 (c.d. caregiver), avrà diritto al trasferimento in una sede più vicina al domicilio dell’assistito.

La possibilità di scegliere di lavorare più vicino al familiare da assistere, infatti, non vale solo all’inizio, ma anche durante lo svolgimento del rapporto di lavoro e a seguito di domanda di trasferimento.

La Cassazione  afferma che, con riferimento all’art. 33, comma 5, L. 104/1992, il diritto del familiare lavoratore – che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado in stato di handicap – di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, è applicabile non solo all’inizio del rapporto di lavoro, mediante la scelta della sede di prima adibizione, ma anche nel corso del rapporto tramite domanda di trasferimento.

la ratio dell’art. 33, comma 5, nel testo anteriore alle modifiche di cui alla L. 53/2000, “è quella di favorire l’assistenza al parente o affine diversamente abile, ed è irrilevante, a tal fine, se tale esigenza sorga nel corso del rapporto o sia presente all’epoca dell’inizio del rapporto stesso”.

La previsione di cui al citato comma 5 dell’art. 33, al pari delle disposizioni sui permessi mensili retribuiti riconosciuti sempre dalla L. 104, rientra nel novero delle agevolazioni e provvidenze riconosciute, quale espressione dello Stato sociale, in favore dei caregivers, e ciò sul presupposto che il ruolo delle famiglie “resta fondamentale nella cura e nell’assistenza dei soggetti portatori di handicap”.

Il diritto alla salute psico-fisica, comprensivo della assistenza e della socializzazione, va dunque garantito e tutelato, al soggetto con handicap in situazione di gravità, sia come singolo che in quanto facente parte di una formazione sociale per la quale, ai sensi dell’art. 2 Cost., deve intendersi “ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico”, ivi compresa appunto la comunità familiare.

2022-04-19T09:35:01+02:00
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